di Jonathan Macini
Non riesco a stare fermo, non più. Anche mentre tutto tace, e il respiro del mondo si fa sottile, attutito dallo spessore di queste porte-finestre dai doppi vetri, odo il rintoccare dell’orologio in cucina, lo scorrere inesorabile della giornata. Prigioniero di quattro mura e di un accesso alla rete, mi trascino davanti allo schermo e allungo lentamente la mano verso il comando di accensione. Mi fermo, non proprio indeciso ma infastidito dalla sensazione di “non-scelta” che mi pervade. Vorrei resistere solo per dimostrare a me stesso di non aver bisogno di questi stupidi giochi tecnologici. Potrei farmi un caffè d’orzo e continuare a guardare la mia immagine riflessa nel vetro della finestra, soffiare sulla superficie scura della bevanda e godere del tepore che rimbalzando ti accarezza le labbra e la punta del naso. Potrei fare finta di essere da solo, di non avere accesso a un miliardo di vite e a dieci miliardi di storie, sedermi sul divano ad aspettare il volgere delle ore. Ma spingo il pulsante e la ventola incomincia a girare, odo un bip familiare e lo schermo si illumina. Presto verrò risucchiato nel turbine della rete, con tutte le sue faccine buffe e i suoi intenti vuoti. Solo un momento, un minuto appena… Mi alzo mentre una musichina mi avverte che la macchina è pronta. La ignoro e raggiungo le scale. Chissà come mi è venuto in mente…
Al piano di sopra c’è la vecchia libreria. Quante volte mi sono chiesto il motivo per cui continuo a tenermi una montagna di carta, in un’epoca in cui una manciata di click ci dividono da tutto ciò che vogliamo sapere. Nostalgia o semplice pigrizia? No, non sono mai riuscito a trovare una risposta…
Estraggo un libro di illustrazioni natalizie di Norman Rockwell che avrà come minimo trent’anni. Ricordo ancora il giorno in cui lo comprai in un negozietto tutto a sconti del centro di Londra. Ci trovai anche un portfolio di Gustav Dorè… Devo averlo messo qui, mi dico, e non mi domando neanche perché mi sovvenga proprio adesso. Scorro velocemente le pagine sulla punta del pollice e noto con piacere che ancora conserva il suo odore, probabilmente dovuto all’inchiostro o alla qualità della carta. Le sue centotrentaquattro pagine mi passano davanti agli occhi nel tempo di pochi secondi. Non c’è nulla. Di nuovo, con il pollice della mano sinistra, faccio scorrere il libro. Deve essere qui, ne sono sicuro… Eccola!
Nella foto ci sono io, trent’anni più giovane. L’immagine è una semplice stampina dieci-quindici. Si vede chiaramente sullo sfondo la Royal Pavillion di Brighton. Accanto a me c’è una ragazza, capelli neri, lunghi, lisci e un sorriso radiante. Non so quanto tempo rimango a fissare quella foto. Due minuti, forse dieci, in ogni caso, ci metto tutto il tempo necessario per ricordare quei giorni, e per tappare i buchi della memoria con un po’ di sana immaginazione.
Tiziana, chissà che fine hai fatto? Potrei precipitarmi davanti alla macchina e fare una piccola ricerca in rete… ma certe storie è meglio che rimangano storie, e Tiziana è meglio che rimanga semplicemente la ragazza di quella foto.
Jonathan Macini – Altri Lavori
gennaio 3, 2011
Categorie: Racconti . Tag:Jonathan Macini . Autore: Willoworld . Comments: 2 commenti