LA FILOSOFIA DEL CALCIO SECONDO IL CARRAI

di Gano

Non sono mai stato uno sportivo, anche se devo ammettere che il tennis è un bello spettacolo; pulito e preciso, un gioco di linee e rimbalzi, dritti e rovesci che ha tutta una sua musica. Se poi è giocato dalle signore, con quei loro completini corti, candidi come le confezioni dei confetti, allora ci puoi perdere anche un paio d’ore davanti al maledetto schermo, con la Vecchia Romagna a farti compagnia, la boccia s’intende… Ma il calcio proprio non mi è mai andato giù, per due ragioni in particolare; primo, la versione al femminile praticamente non esiste, secondo, perché non sono mai riuscito a capire come cavolo funziona quel maledetto fuorigioco. Comunque al bar qualche partita la guardo, anche perché la domenica non si scappa, son tutti in prima fila a vedere il campionato. Spesso rimango al banco a far compagnia alla Giorgia, lontano dalle urla degli sciamannati, ma le domeniche in cui la prosperosa figliola di Aldo il barista è di festa, mi aggiro come un’ombra attorno al cuneo di sedie che si forma davanti al vecchio televisore Mivar, volgare anfiteatro dei nostri tempi. Continua a leggere

FANCULO IL MESSICO

di Jack Lombroso

Fisher chiama Colombo alle tre del pomeriggio. Fa sempre così. È l’unico modo per contattarlo. Niente indirizzo, niente informazioni, solo un numero di cellulare. Il sudore appiccica la camicia sulla schiena dell’inglese. Non si è mai abituato al clima anche se sono anni ormai che lavora in Messico. Potremmo definire l’attività di Fisher come un agenzia di collocamento criminale. Conosce tutto e tutti e dà lavoro ad almeno una trentina di delinquenti vari, passando loro i lavori che gli vengono richiesti e prendendoci sopra una percentuale; chiaramente. Rapinatori, Killer, rapitori e tutta la crema della criminalità messicana è nel libro paga dell’inglese.

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ROSSO NATALE

di Jonathan Macini

La vigilia di natale mi vesto di rosso, per via delle macchie…
Mi metto il cappello con le campanelle, la barba finta, con quei fastidiosi pilucchi che mi entrano in bocca e mi fanno sputare, gli stivali alti foderati di pelliccia e alle otto di mattina incomincio il giro della città. La stazione dei treni, quella degli autobus, la via dei negozi con tutte le lucine accese, il centro commerciale, la piazza della chiesa, dove mi metto a disposizione di chi vuole scattare qualche foto, e poi di nuovo a camminare per il centro storico, perché col freddo che fa non ci si può permettere di rimanere fermi. Continua a leggere