FUGA BUGIARDA

Fuga Bugiarda

Fuga bugiarda
Un morto che parla a se stesso
Caduto in disgrazia
Insieme ad altre anime spezzate
Illusioni caduche
Regole miopi
Io, soldato sconosciuto
Annego nell’immaginario
Congelato nel tempo
Eppur niente viene mai dal niente.

Notorius

DAMIEN L’ORACOLO

di Jonathan Macini

Cthulhu non abita più gli abissi, ma vaga follemente dentro le spire della rete. Non l’avete ancora avvertito? È come un virus, e ci ha già corrotti tutti!!!
È penetrato dentro di noi, attraverso una porta più sottile e subdola dello stesso Yog Sothoth. Le connessioni coprono ormai tutte le terre emerse, e poi ci sono quelle che viaggiano attraverso l’etere. Si evocano con un semplice click! Come non avete fatto ad accorgervene! Le vostre rabbie taciute, le ripetute incomprensioni, la secrezione del vostro malcontento, il lento insinuarsi della malattia dell’insicurezza. Sono tutte conseguenze dell’opera dei nuovi Grandi Antichi, le Aberrazioni che furono prima dell’avvento dei Primigeni, e che adesso vagano liberamente in questo nuovo mondo di schermi e luci. Continua a leggere

FANTASY BLUES

Fantasy Blues

di Aeribella Lastelle

Solitario sul palco, Timoty evocava le arie di Gato Barbieri, comodamente seduto sullo sgabello di legno. Le luci del pub erano soffuse, il sax viaggiava lontano, la birra era fresca e nell’aria si avvertiva il profumo delle candele di citronella, sparse un po’ ovunque sui tavoli. Le finestre naturalmente erano aperte. Quel giorno alle una il termometro aveva toccato i quarantadue gradi. Molti se ne erano andati al lago, a cercare un po’ di refrigerio. Gli altri erano seduti ai tavolini del Carpe Diem, l’unico pub del villaggio, e ascoltavano il sax del vecchio Timoty.
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UN’ALTRA AMANTE

amante

Sento i rintocchi di un campanile vicino, note fantasma che percorrono il buio intorno a me, afferrando una morale che eluderei, se solo potessi. Ma non posso negare questa mia condizione. Ho ucciso stanotte, ed il cadavere me lo porto appresso. Sento il suo tocco gelido sulle mie spalle nude, due mani bianche, delicate, pietrificate dall’alito della morte, salde come un legame di sangue. Sono le catene che mi legano inesorabilmente a questo assassinio.
Ma chi ho ucciso stanotte?
Lei era solamente una stupida, come tutte le altre. Aveva aperto le gambe e ci era stata. Una puttana a prezzo scontato, un passatempo fittizio. L’ho usata fino al mattino, saziandola della mia lussuria, rivoltando su di lei la mia rabbia. Una notte come le altre.
Non c’era neanche il disco perlato ad illudermi del suo amore. E comunque non sarebbe riuscito a salvarla. Non avrebbe sedato mai la rabbia, la necessità di amare ed uccidere, di godere, di vivere e morire. Voleva il mio seme ed io gliel’ho dato. Può darsi che questa notte partorisca qualcosa. Forse questa storia è figlia sua. Allora toccherà a me proteggerla, perché ormai lei non vive più.
L’ho uccisa davvero io o è stato il sole, spuntato da poco sopra gli edifici di questa strada ancora vuota?
Quando mia figlia crescerà le dirò che io e sua madre ci siamo amati, per una notte, intensamente. E come le altre notti, non la scorderò mai.

Jonathan Macini – 1996

L’ULTIMO LAVORO DELLA MIA VITA

Lombroso

di Jack Lombroso

Ormai Andrè è morto da tempo, sdraiato sul letto con la camicia piena di sangue. Attendo l’alba qua in questo schifoso motel. Una bottiglia a farmi compagnia e due sacchi di banconote che non spenderò mai. Le luci delle auto della polizia continuano a filtrare attraverso le tende, illuminando a intermittenza questa squallida stanza.
Rassicuravo Andrè dicendogli che sarebbe andato tutto bene. Dicevo di essere al sicuro ormai, ma Jimmy deve aver parlato. Lo sapevo. Eppure lo sapevo; me lo sentivo che sarebbe andata male stavolta. Quanti coglioni sono stati fregati, pensando che fosse l’ultimo colpo della loro vita. Un bel colpo, un lavoro in grande. Quanto basta per scappare in un paesino nel buco di culo del Messico e rimanerci ,vivendo da milionario. E invece eccomi qua. Aspettavo Jimmy, ma al suo posto è arrivata la polizia. Ma facciamo un po’ di chiarezza in questa storia. Lasciate che ve la racconti dall’inizio.

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LA PIOGGIA DI STELLE

di Aeribella Lastelle

La luna era stata letta. Non lasciava molte speranze.
I Sarti rammendarono i palloni aerostatici. Tre grandissimi: uno giallo, uno verde ed uno rosso. Il primo si chiamava Linandir, il secondo Oussa e il terzo, cremisi come i tramonti delle spiagge di Boxala, Yuldra. Ogni cesta poteva ospitare dieci guerrieri. Trenta di loro non sarebbero bastati.
Ma il giorno moriva e le stelle si preparavano a cadere. Laggiù dove il mondo finisce, per dare modo ad altri mondi di nascere, la pioggia di luce si sarebbe riversata sulla terra. Inondando le valli ed i campi, avrebbe investito la città di Aviessa e i suo mille abitanti. Donne, bambini e cuccioli di drago. La dinastia millenaria spazzata via in pochi attimi. Forse un destino indolore… Continua a leggere

AL CREPUSCOLO

Al crepuscolo
Vorrei crederti
Ascoltando attentamente l’indicibile
Il taciuto
Il non nato
Inquieto in terra gaia
Attendo il movimento finale
Inaspettato
Che tu lo creda o no.

Notorius

L´ANTICAMERA

di Jack Lombroso

Alex e Charles entrarono nel pub alla ricerca di una buona stout e di un bagno.
–Tu ordina, io torno subito- disse Charles.
Poi, senza guardasi intorno, infilò la porta col cartello che indicava la toilette.

Alex si sedette al banco, su uno sgabello impagliato. Subito ebbe l’impressione di aver interrotto qualcosa, come di essere entrato sul più bello: ospiti inaspettati giunti nel momento meno opportuno. L’aria sembrava immobile. L’assenza di ogni tipo di rumore, un silenzio quasi innaturale, faceva risaltare ogni scricchiolio del vecchio sgabello.
Si guardò intorno come disorientato. Il vecchio al lato destro del banco, sollevò lo sguardo dalla pinta e glielo piantò in faccia.
-Salve- disse Alex, e solo allora si accorse della cicatrice che correva sulla parte sinistra del volto dell’uomo, interrotta soltanto dall’occhio completamente bianco e opaco. Il vecchio non rispose e tornò a bere la sua stout.
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LA LIBRERIA

di Jonathan Macini

Ero seduto sulla poltrona. Una serata come le altre. Guardavo la candela ardere sul tavolo, a qualche passo di distanza. Mentre ammiravo la sua danza, lei s’impossessò di me.
Oltre la fiamma, a ridosso della parete, c’era la mia libreria. Scaffali di noce gravidi di storie. I mondi della mia giovinezza, le uscite d’emergenza da una realtà troppo spesso amara.
Mentre mi perdevo nel gioco di luce della fiamma, la prospettiva incominciò a cambiare. La realtà non aveva più peso. La libreria dietro la candela, da sfumata che era, divenne nitida. Avevo chiuso totalmente il diaframma del nervo ottico. Un effetto da sballo!
La fiamma ardeva esattamente sopra la terza fila di volumi. Lambiva il legno dello scaffale, lasciando una striscia scura, sprigionando un sottile fil di fumo. Ma in pochi secondi quell’innocua fiammucola aveva già raggiunto il primo libro. Il fumo si fece più intenso, la fiamma divenne torcia. La libreria stava bruciando.
Io me ne rimasi fermo ad osservarla. Non ero per niente allarmato. Un po’ sbalordito, forse. Vidi le parole prendere fuoco, ed il fumo che mi avvolse aveva il loro profumo.
Tra tutte quelle che ricordo, questa fu sicuramente una delle morti più belle.

L’ODORE DELLA TEMPESTA

di Aeribella Lastelle

C’è il ritmo della vita nel movimento delle onde del mare. Le linee immaginarie lasciate sulla sabbia sono come le nostre vite, che appaiono per un attimo e poi scompaiono. Il Mare d’Ombra è oscuro e silenzioso, calmo presso la costa, ma letale al largo. In più punti affiorano letali scogli, per le galee che solcano la sua superficie. Dall’alto dell’albero maestro il marinaio lancia un grido di allarme, ma spesso la reazione del timoniere è lenta, il vento incalza la vela con troppo ardore, e la barca vira troppo lentamente. Il tempo sembra fermarsi durante la virata, e tutto resta sospeso, almeno fino alla tagliente esplosione del legno sulla pietra bagnata. Continua a leggere