CORPO ELETTRICO SOPRA LO SPIRITO

Aroma sensuale nell’aria
Una scia di viole
Una scia di parole
Un volo, e via…

Affiorano artigli brillanti dal mare
Ahimè! La regina è scomparsa
Mio dio, l’ho persa!
Saprò ancora amare?

Luccichio abbagliante tra le nuvole
È ciò che ne rimane
Un dolore immane
E il petto che duole….

Parlo ai fantasmi lussuriosi
Che sorreggono il suo feretro
Ombre di vetro
Sguardi odiosi…

Al riparo! La passione svanirà
Il cielo cadrà
L’amore finirà
La notte arriverà…

Corpo elettrico sopra lo spirito
Scalzato da emozioni a buon mercato
Da un pianto senza fiato
Di un cuore sfinito…

Cerco ispirazioni grottesche sotto il cielo
Perdio! Com’era buono il suo odore
E come lacera il dolore
Quasi la morte anelo…

E la luce che l’accarezzava
O mia regina
Mia gentile bambina
Le mie lacrime come lava…

Io fuori controllo
Nessun senso del pericolo
Nell’ebbrezza scivolo
E mi annullo…

Quante volte ancora
lascierò la mia casa
per ritrovare la mia sposa
Ancora, ancora ed ancora…

Notorius – Altri Lavori

Immagine di: http://www.flickr.com/photos/poster2602/

LA LEGGE DEL MARE

Veleggiare
nelle vicinanze di una spiaggia nebbiosa.
Laggiù,
la vita è una luna morta.
Calde e piccole scogliere
dove il comandante si ripara
dalla tempesta in arrivo.
Mangerà tonno freddo,
e molluschi vivi,
il sole gli spezzerà la pelle

e sarà la follia
la sua unica amica.

Il marinaio sopporta
perché è fatto di sale,
ma l’uomo di terra
non ha scampo alcuno
contro la legge del mare,
e così il viaggiatore incauto
contro la legge della vita. 

Notorius – Altri Lavori

Immagine di: http://www.flickr.com/photos/skruk

L’ULTIMO PONTE

di Gano

E anche Salvatore ha fatto il volo…
Lo hanno trovato ieri mattina in riva al fiume con indosso la tuta da lavoro, che a lui non serviva più dato che la ditta lo aveva licenziato insieme a una ventina di altri operai con la solita scusa della crisi. La corrente se lo è trasportato per un chilometro e mezzo fuori dal centro abitato, nascondendolo alla vista dei quartieri ricchi della città, perché le storie come quella di Salvatore è meglio dimenticarsele in fretta o non conoscerle affatto. Continua a leggere

PANFILO

di Gano

Al bar lo chiamavamo Panfilo, non per la sua stazza, dato che era sul metro e settantacinque e ben proporzionato, ma perché aveva sempre avuto manie di grandezza e, anche se non se lo poteva davvero permettere, si era comprato un piccolo motoscafo di cui andava molto fiero… da lì il soprannome, che a lui in principio non piaceva ma che aveva saputo col tempo accettare, come tutto il resto d’altronde. Perché in fondo è sempre stato un buon uomo, anzi, forse un po’ troppo buono per questo mondo. Io lo dico sempre, se si vuol giocare al gioco del Mondo Bastardo, bisogna essere un po’ bastardi dentro, altrimenti si rischia solo di galleggiare nella merda, fino al dannato giorno in cui la nera signora viene a reclamare la tua anima. Continua a leggere

DOVE FINISCE IL NULLA?

di Jonathan Macini

– “Dove finisce il Nulla? Te lo sei mai chiesto?
Beh, il Nulla ha un suo inizio. Per trovarlo basta scavare in profondità, disseppellire qualche banale convinzione, messa lì dalla nostra coscienza, schermare le illusioni del mondo ed ingoiare la paura. Il Nulla incomincia nella pancia, ed è un varco largo appena pochi atomi, ma ampio abbastanza perché la tua anima filiforme riesca passarvici. Oltre il varco niente delimita il Nulla…
La vita è mera distrazione. Da bambino il gioco prende quasi la totalità della tua attenzione, e le cose non cambiano di certo con l’età adulta, anzi. Quello che cambia è le terminologia, così ci ritroviamo a chiamare il gioco con le parole più fantasiose: lavoro, carriera, amore, famiglia, responsabilità, eccetera, eccetera… Comunque lo chiami rimane sempre gioco, ovvero distrazione.
Esistono solo due cose che non hanno a che fare col gioco: la porta che delimita la nostra vita, formata da due superfici opposte che chiameremo nascita e morte, e l’infinito che ci alberga nel quale risiede il Nulla. Ma quale misera parola per descrivere qualcosa di così immenso… Continua a leggere

IL BOSCO

di Jonathan Macini

Dicono che il bosco conosca i segreti. Dicono che abbia occhi nelle fronde degli alberi, e orecchie nelle radici. Io l’ho anche sentito parlare, e la sua voce è il vento che s’incunea tra i rami e accarezza le foglie. Hastur è il suo nome…
D’inverno il bosco è quieto. Il canto dei pochi uccelli è un lamento monotono e privo di significato, un mero impulso istintivo di quelle creature incapaci di abbandonarsi al grande sonno. Il fetore di legno marcio riesce a sopraffare anche il profumo dei sempreverdi, un odore rancido ed antico che mi ricorda la caducità dell’uomo, la sua pochezza di fronte alla vita centenaria di un albero, o a quella secolare di un bosco. Trovo seducente quel verde fosforescente del muschio, che cresce su ogni cosa, come un cancro alieno si espande su alberi e rocce, e anche lui osserva nel tempo del riposo, l’inverno, l’oblio… Continua a leggere

LISA

di Jonathan Macini

Lisa mi disse che aveva un altro uomo la sera dello scorso 13 febbraio. È passato quasi un anno da allora e adesso mi sento molto meglio. Sto addirittura pensando di incominciare un’altra relazione seria, forse con Paola, perché ci intendiamo bene su molti fronti.
Con Lisa ci sono stato insieme cinque anni. Nessuna prima di allora aveva conquistato il mio cuore come ci era riuscita lei, ma di questo me ne sono accorto solo dopo, coltivando una strana mancanza, un’insana assuefazione che non avrei mai pensato potesse colpirmi. Fino a quel 13 di febbraio non c’erano state avvisaglie. Tutto è esploso in un attimo; la fine della nostra storia, dei nostri progetti, ma anche la terribile rivelazione di sentirmi completamente perduto senza di lei. Io che mi ero sempre mantenuto all’erta dalle relazioni asfissianti, io che avevo troncato già tre rapporti seri per evitare coinvolgimenti emotivi incontrollabili, di colpo mi è venuto a mancare il terreno sotto i piedi… e così sono caduto. Ma né io né lei potevamo sapere che sarei caduto così in basso da arrivare a udire i sussurri dei miei mostri più infimi. Continua a leggere

IL TEMPO DI FINIRE – Quarta Parte

 

di Jonathan Macini

Il risveglio è pesante. Una corazzata sul collo che naviga verso una guerra di petrolio, sulle acque di un golfo lontano, troppo lontano per ricordare dove si trova. Apro gli occhi e mi accorgo di avere degli ospiti. Sono le ombre della sera, giunte nella mia cella per ricordarmi che il freddo sta per calare sul deserto di Umk. Perché se il colore della sabbia è rosso del sangue delle antiche battaglie, il freddo delle sue notti è il pianto delle madri, che attesero invano i loro figli partiti per la guerra. Continua a leggere

IL TEMPO DI FINIRE – Terza Parte

Leggi dall’inizio

Qualcuno mi ha detto che nel deserto di Umk la sabbia è rossa per via del sangue versato. Numerose battaglie vi sono state combattute. E se il sangue ha incrostato la sabbia, il vento ha soffiato via i ricordi, là dove il dolore costa poco. Un quadro di paesaggio marziano. Il sole è nascosto. Si drappeggia con delle spesse nubi violacee. Si vergogna delle scene degli uomini alle quali è costretto ad assistere. Ed il calore che emana è più malato di me. Continua a leggere

IL TEMPO DI FINIRE – Seconda Parte

I numeri lanciano la sfida. So che sono complici di Tempo-Che-Non-Esiste. Riconosco il pericolo che arrecano, ma non ci posso fare nulla. Devo accettarla.
Le nove cifre mi parlano insieme, ma non riesco a capire cosa stiano dicendo. Ognuna pretende di essere la più bella, di mettersi accanto a un’altra per essere ammirata meglio, di sfoggiare il proprio valore, reale e non, di potersi duplicare, triplicare, centuplicare, dividere, frazionare, copulare con una compagna per sentirsi più importante, battersi con la vicina per dimostrare chi è la migliore, quella che vale di più. Sono tutti davanti a me, nudi numeri dalla pelle nera, il sei dal ventre grasso, lo scheletrico uno, il due e il cinque flessuosi, l’otto imponente. Insieme mi guardano, si danno delle arie. Continua a leggere