GIOCHI DI GUERRA

di Jonathan Macini

“Ehi ragazzino, avvicinati un po’…”

Il vento del deserto, incanalatosi tra lo rovine della città, fece alzare una nube di polvere attorno alla jeep. Il marine si tolse gli occhiali scuri per pulirseli alla giacca della mimetica, il bambino invece non ci fece caso e timidamente si fece avanti.
“Ti va di giocare?” sorrise l’uomo, porgendogli una palla ovale, di quelle da football americano. Poi la scaraventò con forza oltre un’alta siepe. “Valla a prendere, dai!”
Due minuti più tardi una forte esplosione squassò l’aria attorno al soldato.
“Il campo è minato, sergente. Meglio prendere un’altra strada.”

PROVACI ANCORA GANO!

di Gano

La Matilda se la tirava, ma ci provai uguale… Alla prima rimbalzai, ma ci riprovai il giorno dopo, poi provai a riprovarci nel fine settimana. Niente!
Ma non demorsi e qualche giorno dopo riprovai a riprovarci, lei mi guardò di sbieco e mi dette un altro due di picche. Eppure giurai che ci avrei riprovato…
Così provai a riprovare di riprovarci, e non contento riprovai a riprovare di riprovarci, ma fu quando provai a riprovare di riprovare di riprovarci che le sfuggì un sorriso… Ce ne andammo a casa mia e quella fu in assoluto la notte più godereccia di tutte.

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POENA

di Jonathan Macini

L’amministratore delegato della multinazionale farmaceutica si stupì di trovarsi ancora prigioniero del suo corpo flaccido. Sperava che col trapasso le cose cambiassero, invece… Faticava a trascinare le sue membra lungo quel corridoio odoroso di fuliggine. Avanzava verso un chiarore, un riverbero, ma non riusciva a mettere a fuoco le immagini. Qualcuno lo stava aspettando.
Si ritrovò davanti ad una figura massiccia, cornuta, avvolta dalle fiamme. L’essere stringeva tra le mani unghiate un enorme fallo nerboruto.
– Succhia il cazzo di Satana, mio devoto… – disse una voce ombrosa.
– Ma… – balbettò lui.
– Ma cosa? Apri la bocca, dai…

Questo 101 Parole è dedicato al comico americano Bill Hicks e al suo famoso monologo sui “Pompini a Satana”.
Grande Bill, RIP.

RIGENERATORE DI SANITÀ

di Jonathan Macini

Arrancai verso il deck, le gambe gelatinose e la bava alla bocca. Non ricordavo l’orrore che mi si era presentato, trasformandomi in una sottospecie di ameba paglierina. Solo l’odore di cordite sulle mie dita giustificava le ricariche vuote dello shotgun. Quella cosa, la cui immagine aveva scavato nella mia mente estirpando ogni radice della ragione, doveva aver assaggiato un bel po’ di piombo.
Accesi il processore e afferrai lo spinotto. Indeciso se cercare il plug-in dietro l’orecchio o infilzarmelo nell’occhio destro, scelsi la prima opzione. Il programma iniziò subito a ripristinare i collegamenti tranciati.
Sentii rifluirmi dentro la sanità mentale perduta.

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VIAGGIO AL CENTRO DELLA TERRA

di Aeribella Lastelle

Tra le montagne ed i ghiacciai eterni della Patagonia, la mia troupe scovò un pertugio nella roccia, più scuro della notte, che a urlarci dentro il suono delle nostre voci veniva come risucchiato. Ci calammo lentamente ma le corde erano troppo corte. Allora, dondolandomi, afferrai un incavatura nella parete rocciosa e raggiunsi una sporgenza, che era anche l’inizio di un sentiero che si perdeva nelle viscere della terra.
Camminammo per sei giorni, fino al limite delle nostre forze. Quando fummo sul punto di arrenderci,  una luce si accese davanti a noi, rompendo quell’oscurità opprimente.
Era la luce di un nuovo sole.

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PAMELA

di Jonathan Macini

Dovevo assolutamente trovare l’assassino di Pamela, non per vendicarla ma per riuscire finalmente a dormire la notte. Appena chiudevo gli occhi lei arrivava, con quel vestitino bianco a fiori tanto grazioso, lo stesso che indossava quando la trovammo riversa nel vicolo dietro il Saturnia, il locale dove lavorava.
Dopo aver interrogato ogni inserviente di quel postaccio, mi convinsi che l’assassino non poteva nascondersi lì. Nel frattempo riuscivo a tollerare i mal di testa causati dall’insonnia solo grazie alle pillole che mi allungava un informatore.
Alla fine gli indizi mi condussero ad un seminterrato a tre isolati dal bar. Era il mio.

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L’EROE

di Aeribella Lastelle

L’eroe sa che non farà ritorno, ma ha bisogno di legare ad un filo la speranza. Ci sono la pioggia, il vento e le montagne, e poi chissà quante strane creature si frapporranno tra lui e la sua meta; lupi, orsi e ragni giganteschi.
La foresta nasconde antichi segreti. Sulle alture abitano i giganti delle rocce. Piccolo eroe, fin dove credi di poter arrivare?
Ma è solo nell’intento che si nasconde tutto l’ardire dell’avventuriero.
“Andiamo…” sussurri. La tua piccola casa sembra un palazzo. Vorresti rimandare la partenza, ma sai bene che non puoi.
È il vento che ti supplica di partire.

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L’UNICORNO

L’unicorno era confinato in un recinto di filo spinato e corrente elettrica. I dottori gli facevano di continuo dei prelievi per trasformare il suo sangue dorato in costose medicine. Gli scienziati invece studiavano i suoi poteri telepatici per applicarli all’industria bellica. Un cameraman lo seguiva ventiquattro ore su ventiquattro per il reality show più in voga del momento. Ogni tanto la creatura guardava dritta nell’occhio della telecamera, come se volesse parlare al suo accalorato pubblico. Di solito in quel preciso istante partiva lo stacco pubblicitario, per ricordare alla gente che, malgrado gli orrori e le ingiustizie, lo spettacolo doveva andare avanti.

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IL PICCOLO TOBIAS

di Jonathan Macini

La mamma del piccolo Tobias era diversa quella sera. Se n’era rimasta tutto il pomeriggio a fissare la TV sintonizzata su un canale morto, due vacui occhi ancorati al tremolante nevischio grigio.
Tobias giocava tranquillo con i treni sul tappeto rosso del soggiorno. Quando sua madre gli disse di mettersi il pigiama gli sembrò la cosa più naturale del mondo. Lei gli avrebbe rimboccato le coperte e, prima di spengere la luce, dato un bacio sulla fronte.
La sua testolina non ebbe il tempo di spiegarsi perché quella sera sua madre, invece di augurargli la buonanotte, gli infilò le forbici negl’occhi.

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LE POLITICHE

di Gano
Mirco dondolava insieme alla sua Tennent’s, la cenere lunga sul punto di cadere, il corpo magro piegato innaturalmente dall’ultima pera. Si stava insieme al banco ad aspettare il mio corretto…
«Gano, te che sai tutto, chi le vince le politiche?»
La Giorgia mi sistemò la tazzina davanti e si girò ad afferrare la bottiglia di Stravecchio, una manovra d’anche sublime che mi fece fare un balzo al cuoricino.
«Credo che questa volta vincerà la sinistra» risposi, sorridendo alla Giorgia.
«Speriamo Gano!» esclamò Mirco, grattandosi il ginocchio e sfregandosi violentemente il naso.
“Perché, che differenza farà mai!” pensai io, girando il caffè.
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